AmorConfino: liberi dove tutti erano prigionieri.

di Martina Costa


Curzio Malaparte visse il suo confino a Lipari in maniera assolutamente singolare, com’era lui, del resto. Un uomo-oracolo, come lo definisce Flaminia in una delle sue lettere, a cui tutti accorrevano.
Malaparte abitava lo straordinario, si nutriva dell’idea del meraviglioso, e portava con sé tutte le sue ombre, certo, ma ben nascoste a chi lo incontrava per la prima volta. Il suo fascino era immediato, magnetico.


Qualche giorno fa, l’amico Pino La Greca, presenza importante nel nostro territorio -e di cui Lipari deve esserne fiera-, mi ha fatto leggere “Flaminia”, uno dei suoi ultimi lavori, che in questi giorni sta presentando al pubblico. Pino mi ha fatto un grande regalo, perché, chi mi conosce lo sa, ho una personale propensione verso le storie d’amore della Storia: quelle nascoste, quelle ricercate, quelle tenute “sotto le pagine” e poi riscoperte attraverso lettere, oggetti, o semplicemente il ricordo di qualcuno che le ha vissute da vicino. Conoscevo Curzio Malaparte, ma non conoscevo chi dietro Curzio era rimasto per molto tempo e, dopo aver chiuso il libro lo posso affermare, ha instillato dentro il “maledetto toscano”, il sentimento dell’amore.
E allora dico grazie a Pino, che con la sua voglia di ricerca storica unita alla sua riconoscibile penna, è riuscito a ri-costruire questa storia “inedita”, restituendo a Malaparte una forma di riscatto personale. Uso questa parola non a caso perché quest’uomo, che senza ombra di dubbio ha vissuto una vita agli estremi, spesso viene ricordato, dalla stampa, manuali e “voce di popolo” come un uomo che è stato incapace di amare.


Si chiamava Bona Morozzo della Rocca ed era andata in sposa a Mario Vittorio Borgogna, diventando una giovane donna dell’aristocrazia torinese, «di una bellezza straordinaria, limpida e sconvolgente», come la definivano le persone che facevano la sua conoscenza. Lei, “Bebe” per gli amici, e per Curzio, la sua Flaminia alla quale dedica versi e pensieri costanti. Un ritratto di donna, anche lei, fuori dalle regole di quel tempo: non amava nascondersi, e nel pieno di una vita "borghese" e protetta, sfidava le convenzioni, il rischio, la distanza. Tutto questo solo per (l’) amore di Curzio.


E arriviamo, quindi, a Lipari. Siamo nel 1933 e Curzio Malaparte viene inviato a Lipari per scontare il suo confino politico. Ma anche in questa circostanza, Curzio spiazza la realtà stessa: è un confinato atipico, riesce a ottenere “grazie” e “grazia” anche dalle guardie. Per lui, Lipari non fu solo prigione, ma tempio dell’attesa. Il mare, ogni giorno, diventava specchio di speranza. In una lettera indirizzata al suo amico d’infanzia, Armando Meoni, Curzio scrive: «A Lipari non si sta male. L’isola è bella specie la parte che non posso vedere». Ma che immagina, sicuramente, nelle lunghe notti passate a guardare il cielo di Lipari, anche se chiuso tra le mura… Ed è speranza, Lipari, quella che nasce nel suo cuore e che si nutre nell’attesa di rivederla: lei, Flaminia, che ogni mese faceva tappa fissa proprio qui. Dialogavano con la loro lingua: quella di due amanti che si proteggono a vicenda, due solitudini che si trovano e diventano presenza.
Flaminia si esponeva senza riguardi, chiedeva il permesso alla polizia per recarsi a Lipari da Curzio, era del tutto incurante del nome che portava, ribelle, per scelta, come ho detto, a tutto ciò che le veniva affidato. Viveva d’istinto e d’istinti, senza paura, con coraggio e, di certo, con un
pizzico di noncuranza. E il permesso, Flaminia, lo otteneva. «Mi sento felice di stare al tuo fianco Curtino», gli diceva. Parole semplici, ma piene di quell’amore che non ha bisogno di spiegazioni.


AmorConfino: due innamorati, che, come ricordano gli amici più vicini a loro, camminavano per le vie di Lipari con la leggerezza della gioia, quasi come se non fosse un confino quello che Curzio stava scontando, ma un luogo d’attesa per “rivedersi”, darsi appuntamento al prossimo incontro.
Ecco perché la partenza di Flaminia diventava un conto silenzioso tra le dita: i giorni da segnare, da aspettare, i giorni del suo (loro) ritorno.
Ma AmorConfino non è solo questo: è recludere l’amore, e trovarlo libero. È allontanarlo dal mondo, e sentirlo più vicino. È dargli un’isola, e vederlo diventare continente.
Strano, e forse Curzio non era pronto a tutto questo.
Curzio era libertino? Sì, forse. Era un uomo inquieto, curioso, provocatore. Un seduttore, spesso più delle idee che delle persone. Eppure, quella parte di sé l’ha lasciata a Lipari. Nelle lettere. Nei racconti. Nei passi silenziosi accanto a Flaminia. E allora “AmorConfino” non è solo un gioco di parole. È un ossimoro che racconta ciò che raramente si dice: che anche in un luogo di punizione può nascere una forma altissima di libertà, che anche dietro un uomo controverso può esserci una storia tenera, fragile e potentissima, che l’amore -quello che nasce libero, anche nelle contraddizioni e nella limitazione- non chiede permessi alla Storia. 

Lipari non fu solo confino politico per Curzio Malaparte. Fu il luogo dove l’amore smise di essere solo idea, conquista, provocazione, e divenne presenza, attesa, ritorno. E chissà se Curzio, con le mani dietro la schiena e lo sguardo rivolto al mare, l’aveva effettivamente capito...

Categoria
cultura

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