Da Milazzo in linea Ettore Resta. 'Dove sei papà'. Puntata n.3

di Ettore Resta

3 Ustica. Dove sei papa Capitolo 5

Quando le apparve la figura del giovane, percepì un sussulto al cuore. Dopo tanti anni era riapparsa una magia. Nel vederlo attraversare le villette della piazza si sentì altrettanto maestosa. Per un istante aveva creduto non fosse lui, ma quando nello scendere il marciapiedi si voltò per schivare le auto in transito, non ebbe più dubbi. Roberto era stato sempre il suo ideale, interessante, non bello, forse per effetto del tempo, forse per la gioia di averlo nuovamente visto, o forse per quel sentimento tacito d'amore di una innamorata timida che rimane bloccata nel rivelarsi. Il portamento, l 'elastica andatura, il passo sportivo come tutti i suoi movimenti ed il modo del parlare, avevano rimaturato in lei l'idea di avvicinarlo. '' Ma con quale scusa?'' tornando a cadere nello stato di blocco di tanti anni prima con la stessa paura di essere respinta perché convinta di una inferiorità sociale. Anche egli aveva avuto la paura di essere rifiutato, di non essere gradito, di essere deriso, tenendosi nelle condizioni di colui che desidera e non ha la forza di superare l’ostacolo. A determinare ancor più questo stato di cose, fu la volontaria assoluta indifferenza di lei nell'incontrarlo come gli fosse ignoto, sconosciuto. In quell'aria di sbigottimento, il battito cardiaco era salito di frequenza. D'altra parte lei aveva tentato un approccio ma egli non aveva saputo inviarle i propri messaggi. Volendo trovare le parole, non le avrebbe mai e poi mai rivelate. Le riflessioni che da ragazzo gli avevano giocato brutti scherzi, adesso erano riaffiorate. Non era alto ne bello e ciò sembrava dare un peso preponderante e negativo a tutto, ma si sentì felice ugualmente nell'averla casualmente rivista. Attraversata la strada, lui l’aveva continuato a seguirla con lo sguardo fin che non disparve. ''Non sono per lei, non sono il suo tipo, sono troppo robusto e quasi stempiato.'' si ripeté cercando di reprimere i vecchi sentimenti affioranti.'' Effettuato un profondo respiro aggiunse '' Debbo cancellare questa strana idea dalla mente!'' così stringendosi sulle spalle, procedette nel cammino. Le nubi davano l'impressione di volersi addensare oscurando le ore di sole. Erano spinte da un vento di ponente che a raffiche giungeva sempre più con insistenza trascinando sprazzi di umido salmastro e di freddo. Ormai era primavera ed il sole tornava ad apparire più spesso. Con il giungere dell'aria tiepida, le auto avevano iniziato a circolare con più insistenza. L'ora legale subentrata da poco stimolava le attività sportive. In tuta ginnica, anche egli aveva dato inizio alle improvvise maratone. Non doveva prepararsi per gare ma non sopportava l'idea di essere grasso, ma nell’andare frettoloso da quel marciare, sentiva tanto vigore. Col giungere dell'estate le aiuole erano state risistemate, la città doveva apparire bella ed essere pronta ad accogliere degnamente i turisti in arrivo e favorire le attività sportive. Il mare da giorni non muggiva più ed il colore era tornato ceruleo cristallino. L'orizzonte appariva infinito e le isole sembravano splendidi topazi incastonati. Il verde era cresciuto sulle zolle di terra scoscesa lungo i ridossi e su parte dell'estesa spiaggia ove le selvatiche margherite con il loro bianco fiorire avevano coperto tutto mentre i passerotti ed altri uccelli vi stavano svolazzando felici…di beccare i vermetti o forse i moscerini che sciamando avevano iniziato a invadere l'aria. Il Roberto si guardò bene a non respirare a bocca aperta, ingoiarne una manciata non sarebbe stato difficile ne bello, in compenso li sentì urtare in viso. Fatta una smorfia, chiuso gli occhi, girato il capo su un fianco, strette le labbra, cercò di schivarli aumentando il passo. Soffiato più volte per allontanarli, fu inutile. Stanco decise di tornare a casa. Ne aveva fatta di strada! Il problema stava per apparire nel suo inverso: il lungo percorso bisognava ripercorrerlo indietro e sinceramente non ne aveva più voglia. Avrebbe gradito un passaggio per evitare di galoppare ancora. In quello un rumore d' auto in difficoltà di avviamento attirò la sua attenzione. Inizialmente non fece caso. Guardato più attentamente, rimase di sasso. ''Cinzia! '' esclamò a bassa voce. Titubante cercò di farsi coraggio e malgrado si sentisse invaso dalla solita paura, reagì. Eppure con le altre non aveva mai percepito tanta insicurezza malgrado avesse ricevuto tanti di quei rifiuti, ma nei confronti di lei, non riusciva proprio a superare se stesso. Fattosi forza, timidamente si avvicinò. ''Hai bisogno di aiuto?'' chiese con voce incerta, quasi tremante. Ella lo guardò nervosa, non rispose. In quel silenzio Robi si tirò indietro come pentito per aver fatto la domanda. Credette di averla importunata. Attimi dopo: ''Non mi parte la macchina! E’ la giardinetta di mio padre, troppo vecchia.'' Quelle parole piene di rabbia gli suonarono sublimi. '' La batteria sta per scaricarsi ed io ho fretta di tornare a casa...mia madre è sola e sarà in pensiero ''. ''Sento odore di benzina, apri il cofano. Non me ne intendo molto, ma ci spero.’’ A quelle parole la giovane si riprese d'animo, fatto un sorriso eseguì. Il cofano della vecchia giardinetta fece uno scatto ed il giovane non esitò a sollevarlo agganciando la lunga asta. Entrambi vi guardarono dentro.'' Per me è tutto regolare'' disse lei '' Sarà il carburatore sporco, non passa la benzina.'' Ella non replicò. Attonita non sapendo se stesse per dire il vero o meno, ebbe fiducia. ''Hai un cacciavite? '' chiese. Senza rispondere, fatto un lieve sorriso, aperto un contenitore di plastica, lo trasse e lo porse. Le sue mani erano ben curate e le dita mostravano anelli posticci. Lui li guardò ed ella accortamene, continuò nell'indifferenza. Attimi dopo, fatto ruotare intorno al dito indice il più grosso: ''Ti piacciono? Questo è stato un regalo importante, è una vera moneta d'oro incastonata.'' Questa volta a non rispondere fu lui, il quale con indifferenza, cercò di interessarsi al guasto. ''Metti in moto, prova'' ella eseguì. ''Non arriva benzina'' ''Ho appena fatto il pieno!'' '' Non arriva benzina, il tubo del carburatore è vuoto.'' A queste parole ella si sentì in imbarazzo. Voleva dirgli di lasciar stare per paura di qualche ulteriore danno ma non desiderava essere scortese. ''Prova ancora a mettere in moto'' e lei, risalita in macchina tirò più volte la levetta senza ricevere alcun sussulto. ''Basta, basta'' esclamò improvvisamente il giovane ''qui piove benzina.'' Guardato attentamente, fiutato l'odore intenso, guardò ancora, uno dei tubicini era bagnato. Lo toccò, lo sentì strano. Lo ritoccò e non ebbe più dubbi. ''Abbiamo trovato il guasto! Il tubicino di alimentazione è rotto.'' In un primo istante ella fu felice e ringraziò il cielo per non essere incappata in qualcosa di più grave, poi cadde nello sgomento, avrebbe potuto prender fuoco. ''Aspettami, torno subito.'' Portatosi al deposito poco distante di uno sfascia carrozze, da una delle vecchie auto in attesa di demolizione, staccò quanto serviva e senza tardare molto fu di ritorno. Questa volta ella non poté fare a meno di sorridergli lasciando balenare dagli occhi una luce di tranquillità. '' Sono la solita sfortunata!'' aveva esclamato. Adesso sembrava avesse superato tale convinzione. ''Riprova a mettere in moto''. Eseguì. ''Niente'' mormorò sfiduciata. ''Prova ancora un istante ed accelera.'' Dopo alcuni giri, il motore diede il suo saluto rombando forte come fosse in un circuito. La gioia del giovane fu tanta e silenziosa. Altrettanto era stata quella di lei. Guardatolo sorridendo proruppe: ''Non so come ringraziarti, sono veramente grata...ti debbo qualcosa?'' ''Nulla, solo un passaggio fino a casa.'' ''Va bene, sali in macchina.'' Sentiva di essergli caduto tra le braccia ed egli, fattosi forza, ringraziò nella mente per essere riuscito nell'impresa. Un'impresa che fu per i due l'inizio di un forte legame… da non sciogliere mai.

3 Ustica. Dove sei papa Capitolo 6 

Sogno La Scolopendra ad Ustica non c’era, ma lei la vedeva leggermente dondolare in un mare di cristallo mentre i bruni granchi scricchiolanti nel loro lento procedere tra le nere rocce lasciando fuoruscire dalla bocca bollicine di schiuma che prontamente esplodevano, era come se stessero chiacchierando. Le piccole onde col loro sciacquio schiumeggiavano lungo la scogliera che dava inizio alla costa selvaggia ricoperta di secca erba, agave e verdi ficodindi nani dalle foglie ricolme di robuste lunghe spine. I verdi giallastri cespugli lattiginosi facevano compagnia agli odoranti capperi appena sfioriti. Tra le erbe secche echeggiavano fruscii, forse di lucertole alla rincorsa tra loro o forse di qualche serpe, oppure topi in cerca di qualcosa da rosicchiare pronti a sfuggire alle insidie. Il cielo limpido lasciava intravedere la sua elevata profondità di azzurro, mentre la sfera di sole col suo alzarsi, arroventava l'aria già calda.  Alcuni gabbiani pacatamente guardinghi, come anatroccoli si lasciavano cullare dalle piccole onde lasciate dalle imbarcazioni nell'attraversare la tranquilla distesa acqua. Su uno degli speroni di rocce una struttura simile ad un mulino a vento, rievocava l'esistenza di un antico passato. Un passato legato alla capacità di adattamento e di inventiva di quella gente costretta a vivere nella capacità di se stesa. I reperti storici, interessanti e molto antichi, erano custoditi nella torre di avvistamento per un certo periodo adibita a carcere. Cinzia, nella solitudine, si accinse a visitarla soffermandosi a lungo a vedere un paio di manette appese ed incatenate ad una grande grata in ferro posta come monumento nella villetta della piazzuola. Dall' altra parte dell'isola, il castello sovrastava tutto con l'aria da vecchio aristocratico a cui bisognava inchinarsi, mentre sull'altra collina invece vi era il semaforo con la sua alta torre per la navigazione a vela. Ma in realtà non era più esistente. Al suo posto, era stato eretto una stazione metereologica per gli aerei. '' Questo castello, malgrado sia un rudere, è sempre imponente ed austero! Andiamo a visitarlo?'' chiese a bassa voce come non voler turbare il silenzio regnante in quel luogo. '' Lo desideri?'' ''Tanto! '' ''Lo desidero anch'io '' aveva confermato la voce di Robi nella sua mente riportando lo sguardo al castello dopo averlo distolto per ammirare i campi intorno. ''Dovevano esserci molti falchi per chiamarlo Falconiera? Oppure potrebbe aver preso l'appellativo per la sua posizione alta o dai soldati che guardinghi come falchi vivevano lassù.'' Il soffio della brezza veniva giù portando con sé l'odore degli eucalipti, i quali come giganti, non si lasciavano scompigliare concedendo il trascinare delle secche foglie. Nella parte ad nord ovest dell'isola e la brezza del maestrale si mescolava all'odore degli altissimi verdi pini ombrellati.  Con essi nel pianoro crescevano gli ulivi e le viti, ma non erano in fioritura. La collinetta dei nuovi pini ospitante l’osservatorio, spesso andata in fiamme ed i tronchi mostravano evidenti bruciature. Ad attraversare l'isola era una strada in pietre spianate con gli scalpelli. Nel percorrerla in sogno Cinzia continuò a commentare: '' Questa è il frutto dei lavori forzati.’’ E con essa le apparve suo padre. ‘’Quanto avranno sofferto poveri uomini!'' Mano nella man con Robi , stava andando soffermandosi all'ombra degli altri alberi sporgenti in strada. Il caldo era asfissiante e i muri a secco irradiavano calore come fornaci. Strada facendo incontrò enormi vasconi profondi dedicati alla raccolta dell'acqua piovana per irrigare i campi. Al termine apparve una scogliera sormontato da un vecchio alto faro cilindrico con annesso un caseggiato disabitato. Il colore era intenso come intenso era l'invito di tuffarsi in quel mare tendente al turchino con i riflessi di smeraldo. Non sarebbe stata la sola a percepire quella sensazione, altri erano in quel luogo e lei si sarebbe unita a loro. La via più semplice e breve sarebbe stata quella di raggiungere le piscine. Vasche naturali di alte rocce sormontate dal vecchio faro. Non erano vere piscine ma davano l'idea di esserlo grazie alle loro rientranze occluse da grosse rocce. In sogno non si sentì più sola. Presa la mano di Robi, come novelli rocciatori avrebbero fatto cordata fino a raggiungere la grotta segreta di cui aveva tanto sentito parlare. Era segreta perché il suo ingresso era lontano dal mare e forse difficile da localizzare. Più che una grotta era uno stretto tunnel. Quando vi giunse, non riuscì a far a meno di entrare e di percorrerlo nel semi buio. Al termine dell'umida strettoia, si trovò sotto i piedi un pianerottolo con una vasca d'acqua luminosissima dal colore violetto a causa delle strane alghe viventi in quel luogo o dalla luce che entrava da qualche ingresso subacqueo. '' Conduce in mare aperto '' commentò tra se '' Una potenziale via di fuga, chissà quanto tempo hanno lavorato di nascosto per realizzarla magari in tempi diversi ''. Al di là del vecchio faro vi era un porticciolo in disuso munito ancora delle alte bitte in pietra per gli ormeggi. Come esso, anche il grande scivolo d'alaggio per le antiche imbarcazioni di una mitica tonnara. In quella alcova nascosta, lei non era rimasta insensibile. Il silenzio e l'acqua col suo riflesso esterno che ne seguiva i movimenti, furono complici. Robi era disteso sul piano della scura roccia quando lei gli lasciò scorrere le mani sul petto accarezzandogli i neri riccioli. Postasi sul fianco destro appoggiandosi sul braccio, guardatolo negli occhi, gli trasmise la sua espressione dolce e voluttuosa. Anche i capelli iniziarono ad accarezzarlo mentre il viso si avvicinò tanto da incontrare le sue labbra. Sognò momenti di sublime amore scandito nel tempo dai palpiti del cuore immersi nell'eco silenzioso di un mondo diverso. A distoglierla fu il ghigno di un gabbiano. Guardato attorno la volta del cunicolo, nessuna luce attraversava la rupe. Credette fosse l’immaginazione del sogno ma il ripetersi le fece capire che il suono veniva dal distante ingresso e l'angusta galleria ne aveva amplificato il suono. Quando raggiunse l'imboccatura ed usci, il sole era già all'orizzonte pronto a raccogliere i raggi emanati durante il giorno per rilanciarli con vigore negli altri continenti ad ovest.. Attese il tramonto! Attese, e nella solitudine vide l'astro pian piano svanire dietro nell’immenso orizzonte. Di tramonti ne aveva visti altri, eppure anche questa volta aveva una espressione differente. I bagnanti erano andati via lasciando che la scogliera venisse illuminata dai rossi riflessi sempre più scuri. I gabbiani svolazzarono ancora insieme ai veloci pipistrelli lacerando con il loro stridio l'isolata solitudine che tendeva ad immergersi in una umida notte di rugiada. Uno stormo formato da oltre cento passeri volarono veloci con forte fruscio delle ali. ''Stanno rientrando dal lavoro.'' Commentò suo padre in sogno. ''Domani mattina all'alba ripartono, è la loro vita. Sono la ricchezza dei campi ed il flagello dei contadini. Guai a seminare qualcosa, divorano tutto.'' Eppure era stato bello vederli volare in massa. Una visione diventata rara e forse per questo tanto affascinante.

 



 


 

Categoria
cultura

Articoli correlati

14 novembre 2025

Messina celebra Camilleri, presentato a Palazzo dei Leoni il reading 'Ora dimmi di te'

L'evento organizzato in occasione del centenario di Andrea Camilleri andrà in scena giovedì 27 novembre

12 novembre 2025

Lipari, la Biblioteca Comunale è il cuore pulsante della 'trasformazione culturale'

Al via ciclo di conferenze: si inizierà con lo storico Pino la Greca...

12 novembre 2025

Da Ravenna in linea Massimo Restuccia. I ricordi del passato. Le poesie di Curzio Malaparte

Il cane, la donna, con il paese toscano, sono i temi affettivi più intensi della poesia malapartiana...

11 novembre 2025

Da La Plata in linea Matias Colado La Greca. Spedizione geologica alle Eolie

Nel giugno di quest’anno, le isole di Lipari, Stromboli e Vulcano sono state teatro di un importante incontro internazionale di...

11 novembre 2025

L'isola delle suore domestiche

'Mi sono imbattuto in un libro in tedesco di I.H. Keerl, pubblicato nel 1801...'