Nel parco della Reggia di Caserta vi sono 2 quartieri per ospitare i “suoi” Liparoti

di Vega De Martini

Nel parco della Reggia di Caserta, non lontano dalla Peschiera Grande, una sorta di grande lago artificiale realizzato intorno agli anni Sessanta del Settecento al centro del così detto “Bosco Vecchio”, sorgono ben due Quartieri fatti costruire da Ferdinando IV di Borbone per ospitare i “suoi” Liparoti. Attualmente i due complessi, che si trovano a poca distanza l’uno dall’altro, sono in corso di restauro. Il primo fino a pochi anni fa era utilizzato come alloggio di servizio del personale di custodia della Reggia e delle loro famiglie, il secondo, molto più articolato, ospitava la Società di Storia Patria di Terra di Lavoro. 

Dunque dei due complessi architettonici, praticamente fuori dai circuiti di visita, nessuno se ne era diffusamente occupato, tantomeno delle vicende e delle ragioni che ne avevano motivato la costruzione. Con il volume che è in preparazione (I LIPAROTI DEL RE) e che verrà probabilmente presentato, in primavera, nella Reggia di Caserta, presso i locali dell’Archivio di Stato e a Lipari la prossima estate presso la sede del Comune che sponsorizza l’iniziativa, io e il mio amico Gianfranco Natoli (ci legano una cinquantennale frequentazione delle Isole e le radici liparote delle nostre famiglie) vogliamo contribuire a diradare le nebbie della Storia. Una storia che racconta la particolare propensione del giovane re Ferdinando verso i Liparoti giudicati<>. 

Per loro (e per le loro famiglie), Ferdinando fa costruire oltre ai due edifici casertani anche un terzo quartiere nel porto del Granatello, nei pressi della Reggia di Portici. Per loro (50 in un primo momento, poi 300 fino a raggiungere il numero delle 800 unità) istituisce un corpo militare speciale, Il Real Corpo dei Volontari di Marina, dotandolo di specifiche divise e di armi particolari (tra queste il cangiarro liparoto un pugnale dalla lama ricurva fatto realizzare appositamente nella Real Fabbrica degli Acciai di Torre Annunziata). I Liparoti, giudicati a Corte con sussiegosità, assolutamente poco graditi al primo ministro Bernardo Tanucci  che paventava una eccessiva familiarità di questi con il sovrano, vanno a costituire una sorta di  guardia del corpo del re, un manipolo di fedelissimi pronto ad affrontare qualsiasi impresa e a soddisfare ogni desiderata del re. 

Un sovrano, Ferdinando, certamente fuori dalle righe, innamorato del mare e gran navigatore, amante delle attività all’aria aperta, della pesca e della caccia, come lo descrivono i numerosi viaggiatori del Grand Tour, italiani e stranieri, che ebbero modo di conoscerlo da vicino. L’esodo casertano dei Liparoti, pur ponendosi in continuità con un altro esodo ben più conosciuto, quello verso l’isola di Ustica (ne parla nel volume Vito Ailara, direttore del Centro Studi di dell’isola), ha tutt’altra matrice. Nel caso di Ustica si tratta di una vera e propria “colonizzazione di Stato” di un’isola devastata dalle incursioni piratesche a seguito di un bando reale a firma di Carlo di Borbone. A Caserta, e nella scelta di Ferdinando, invece gioca un ruolo decisivo l’enorme fama acquisita dai Liparoti per la loro perizia marinara e la loro secolare e proverbiale fedeltà alla Corona, di cui dà conto in dettaglio nel nostro volume l’intervento di Pino La Greca.

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cultura

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