I GRANDI VIAGGI DEL NOTIZIARIO. Einsiedeln (Svizzera). Il Monastero, la Madonna Nera e l'acqua per desideri VIDEO

L’Abbazia di Einsiedeln, con la sua splendida chiesa barocca, è un centro di vita monastica da quasi mille anni.

A sud del Lago di Zurigo e nelle vicinanze del Lago di Sihl troneggia maestosa l’abbazia benedettina dedicata alla «Nostra Signora di Einsiedeln». Il monastero è un’abbazia benedettina ricca di tradizione che ospita circa 50 monaci ed è la principale meta di pellegrinaggio della Svizzera, oltre a rappresentare un luogo di cultura, formazione e d’incontro da oltre un millennio.

La comunità monastica vive secondo la Regola benedettina e la sua storia prosegue ininterrotta dal 934. Attualmente conta circa 70 confratelli di età compresa tra i 25 e i 90 anni.

Einsiedeln, che significa “eremo”, l'abbiamo raggiunta grazie al nostro “Cicerone” Claudio Meztecher e alla sua splendida family, con origini liparote per Mamma Graziella Biviano, morta prematuramente e che siamo anche andati a a far visita nel piccolo cimitero della cittadina elvetica,  Qui siamo ritornati per la seconda volta dopo ben 15 anni ed in giornata saprete per quale motivo.

La singolare località da oltre 1000 anni è meta dei cattolici che vengono in pellegrinaggio, accolti nel suo imponente Santuario che contiene la Madonna Nera degli Eremiti, con il suo Monastero. Tutto ebbe inizio intorno all’anno 836 d.C. quando arrivò in questo luogo, allora inabitato e sperduto, l’eremita, e futuro santo, Meinrado, il quale finalmente trovò l’isolamento e la pace che cercava. Visse di privazioni e preghiera per 25 anni quando, un giorno dell’anno 861, due canaglie, forse spacciandosi per pellegrini, bussarono al sua porta. Erano in cerca di un presunto tesoro che pensavano il monaco nascondesse nel suo rifugio. Il povero Meinrado li supplicava cercando di convincerli che non possedeva nemmeno un soldo; i due frugarono dappertutto e quando la rabbia montò per non aver trovato nulla, presero a bastonate il monaco benedettino, uccidendolo. Mentre scappavano verso Zurigo furono inseguiti da due corvi che non smisero mai di gracchiare. I loro versi furono tali da richiamare l’attenzione della gente e delle autorità e cosi si scoprì il misfatto. I due assassini furono presi e giustiziati. Il monaco benedettino venne in seguito celebrato come “Martire dell’Ospitalità”, mentre l’eremo ospitò molti altri eremiti, spesso famosi, nel corso dei secoli. A ricordo della vicenda, due corvi furono posti sullo stemma di Einsiedeln.

A fianco dei pellegrini. oggi viaggiano anche molti turisti che giungono non per devozione ma per motivi culturali, attirati dall’arte barocca che offre l’Abbazia e dalla Madonna Nera degli Eremiti, diventata di tale colore per il fumo delle candele. Questa devozione è stata portata da due monaci svizzeri anche nell’Indiana, Usa, dove fu eretta l’arciabbazia di San Meinrado.
Einsiedeln, a 910 metri di altezza, attira anche per gli sport invernali e soprattutto per il grandioso panorama delle vette e delle acque azzurro intenso del lago artificiale di Sihl.

Oltre ad essere il massimo centro del cattolicesimo svizzero, Einsiedeln va ricordata come città natia, nella frazione di Egg, del celebre Paracelso. Va ricordato poiché pare incredibile che Einsiedeln venga invece poco menzionata come luogo natale di cotanta personalità, assai importante in vari ambiti e soprattutto nella medicina. Sarà forse a causa delle sue idee - per le quali la chiesa doveva essere più spirituale e meno terrena - che forse si rese mal digeribile dalla cattolicissima cittadina? Sebbene avversata come eretica dagli ambienti cattolici, la scienza di Paracelso ebbe un grande rilievo dopo la sua morte. Le farmacie locali portano il suo nome, “Paracelsus-Apotheke”. Alcune targhe si trovano nei dintorni mentre importanti sculture che lo ritraggono si trovano in Austria, a Salisburgo, dove morì nel 1541. Girovago per natura, ma anche per sfuggire ai suoi detrattori, percorse la Svizzera e tutta l’Europa. Pare anche che si sia laureato a Ferrara e che forse sia stato in India. Philippus Aureolus Teophrastus Bombastus von Hohenheim, scelse di chiamarsi Paracelso, cioè ”uguale” al grande medico romano Celso. Filosofo, medico, astrologo e anche alchimista: proprio per quest’ultima arte si attirò maldicenze e pettegolezzi che lo ritraevano come un ciarlatano.

«Non sia di altri chi può esser di se stesso» fu la pratica della sua vita durante la quale non volle sottomettersi ad alcun potere, volle essere libero di esprimere le sue idee, intuizioni e sperimentazioni che lo portarono fin da giovanissima età a studiare tutto lo scibile. E per essere così tanto libero, con l’aggiunta del suo carattere per nulla accondiscendete, si fece una schiera di nemici.

Non era legato ai dogmi e ai libri, come lo erano quasi tutti i dotti del suo tempo, ma, al contrario, amava l’esperienza fatta in prima persona. Per lui l’alchimia non doveva servire a produrre l’oro ma a produrre medicine. È per questo che gli viene attribuito il merito di aver spianato la strada al connubio tra medicina e chimica. Fu uno dei primi studiosi del disturbo detto “ballo di San Vito”.

Paracelso è un medico ultra moderno che non guarda solo alla malattia ma al paziente, alla sua relazione con l’ambiente e con il cosmo. Egli riteneva indispensabile che il medico profonda amore nel curare e che vi sia una “cordiale atmosfera attorno al letto del malato”. Per lui Cristo è “il medico più grande, venuto a salvare i malati di questo mondo”. Afferma con vigore nuovi concetti come l’impossibilità di ottenere la salute se corpo, mente e spirito non sono in equilibrio tra di loro nell’energia universale. Concetti tutt’altro che puramente astratti o mistici visto che oggi sono elaborati dalla fisica quantistica.
Intanto bruciava, mescolava, separava e distillava gli elementi: alle cure con i vegetali, egli, da innovatore, aggiungeva medicine ricavate da minerali e metalli. Nel 1526, a Basilea, salvò la gamba di un famoso libraio, Johnann Froben, nonostante la medicina ufficiale ne avesse sentenziato la non guaribilità. Venne perciò nominato docente alla facoltà basilese di Medicina. Ma non si fece benvolere con le sue aspre critiche ai dogmi dei medici del passato osservati ottusamente dai suoi colleghi, così l’incarico terminò presto. Non si procurò l’amicizia dei cattolici quando, intuendo aspetti psichiatrici confermati secoli dopo, sostenne che il fanatismo religioso aveva radici nel disturbo mentale e che le malattie non erano, come sostenevano i suoi contemporanei, punizioni divine. Le malattie erano il prodotto, invece, dello stato interiore del soggetto, così come si afferma ai nostri giorni. L’influenza di Paracelso ha permeato la scienza moderna e di lui si sono occupati grandi umanisti tra i quali Jung. Il fatto di aver influenzato con le sue innovazioni tutta la Medicina, e non solo, di aver per primo parlato e scritto di scienza in tedesco e non in latino, di non essersi mai piegato al potere di Chiesa e Stato, di trattare i pazienti, con gentilezza, soprattutto i poveri ai quali non chiese mai denaro, ha fatto di questo svizzero una delle più importanti personalità del Rinascimento. 

E dopo questa intensissima giornata inserata cena a base di carne anche con papà Carlos, della figlia Cristina e della sua bella family. Le bisteccone anche argentine si possono cucinare per la cottura che piace al momento su una pietra posizionata accanto al piatto. 

Paese che vai novità che trovi…

Bartolino Leone era in diretta.

Categoria
cultura

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