Da Milazzo in linea Ettore Resta. Ustica 2. 'Dove sei papà'
di Ettore Resta
Ustica 2. “Dove sei papà" Capitolo 3
'' Per cortesia, potresti indicarmi dov'è l'hotel Grotta Azzurra?'' chiese ad uno dei ragazzi che sostavano presso un bar. '' A dir vero non saprei, non sono del luogo'' In quello, intervenne un amichetto '' Provi a chiedere al barista, lo saprà senz' altro. Per la valigia non si preoccupi, qui è difficile che la tocchino.'' Ed ella rassicuratasi, lasciò il tutto dirigendosi verso il locale. La parete esterna di questo era tappezzata di altri murales. " Gli artisti sono proprio in gamba. Non ho molto tempo a disposizione e tanta stanchezza, ma voglio vederli tutti...mettono gioia e rendono tutto molto attraente". Queta volta alla richiesta le fu dato una risposta più concreta. '' La Grotta Azzurra è da tutt'altra parte, bisogna tornare indietro ed imboccare la stradina che và verso il porto, un cartello ed una scritta indicano l'albergo.'' Ascolti me, nella stradina parallela a questa vi è l’Hotel Patris, è un buon albergo.’’ Cinzia memorizzò quanto dettole, tornato alla sua valigia a rotelle, impugnata la maniglia, andò. ‘’Ormai ho prenotato all’Azzurra e di certo mi stanno aspettando ‘’ borbottò. Dei bimbi schiamazzanti le passarono accanto, li guardò e guardò anche quella strada in discesa che doveva percorrere per tornare indietro. Quando fu giunta, fece un respiro di sollievo. Aveva continuato ad ammirare con stanchezza gli altri murales ed il panorama stava per apparirgli diverso. Attimi dopo una giovane donna, alta e dal seno ben messo l'accolse. '' La signorina Cinzia? Sono Veronica, ha prenotato tramite la nostra agenzia turistica…Stavo per aspettarla, ecco la chiave, la sua stanza è con bagno interno.'' disse ritirando il documento di identità..'' per il bagno in mare può seguire la scaletta.. porta proprio alla grotta. E' particolare, non per il colore della luce ma per l' effetto aureola che si forma intorno al corpo di chi si immerge. E' come se venisse avvolto da un indumento trasparente di colore azzurro violetto.’’ '' Che strano effetto'' '' E' merito del planton che vive dentro''.- La giovane continuò a sentirsi di essere in un mondo nuovo. Forse per effetto del primo impatto, ma per lei era affascinante. ''Se ha bisogno di me, suoni.'' ''Va bene '' replicò. Quando anche il trolley fu portato in stanza e la porta fu chiusa, i capelli rosso rame e l' abito vaporoso, si posero a sedere sul letto sprofondando. '' Chissà qunti anni ha questo albergo.'' commentò ponendosi supina. ''Sono proprio stanca'' aggiunse. Doveva riorganizzare le idee e stabilire da dove iniziare. Aveva un compito ben preciso: aver notizie di suo padre! Il viaggio, malgrado veloce, era stato lungo. In quello le venne da considerare quanto avrebbe impiegato un piroscafo o addirittura un veliero tanti anni fa, quando a navigare erano panciuti legni dedicati al trasporto di qualunque carico. Velieri che per andare attendevano il vento, il cattivo tempo, e più questo era forte, tanto più andavano veloci compromettendo vela, albero, carico , la propria vita e quella degli eventuali passeggeri in mal capitati. Ustica a sua volta, essendo molto lontana dalla costa, era un' isola condannata ad essere circondata spesso dai maltempo. Questo era un grande pregio ma nello stesso tempo un grave difetto... Con i marosi si sbarcava nella cala tramite trasbordo su un barcone riuscendo a remi ad entrare in porto. Il postale a vapore proveniente da Palermo tre volte alla settimana, dava fondo all' ancora e filando i cavi di poppa venivano posti alle bitte di pietra a terra. '' Lasciate che gli ignoranti sentino il vivere, però accettate anche il loro danno!’’ Era una massima scritta su una parete tra alcuni murales e come questi, di poesie e scritte ve ne erano tante. Alle donne era vietato scendere in porto, specie alle ragazze. Vi erano uomini cattivi. Cattivi a dire il vero erano i questurini che con ferrea espressione sequestravano i nuovi confinati per dovere di legge. Come un vortice la mente di Cinzia, per la stanchezza, continuò a giocarle uno scherzo. Era iniziato a ruotare trascinando con se quelle cose selezionate in modo convulso, come fosse un disco fortemente inciso... Tuonavano i meli lasciando tremare le foglie tutte. I monti sfaldati avevano sbiancato con la viva roccia le verdi pendici mentre i laghi rimanevano taciturni al gorgogliare del fiume. L'aria fredda frizzante la copriva di rugiada ed ella attonita non reagiva. Attendeva il passare mattutino, lo sguardo, il sorriso di suo padre, mentre i meli le porgevano i loro verdi frutti incolti ed aspri. In quello rimpiangeva le ore d' ambrosia distrutte dal breve tempo e dalla paura. Ansante ora riviveva quei giorni e strenua di forze, come leone stretto da tagliola avrebbe voluto ruggire forte. Talmente forte da far sentire lontano l'eco della sua angoscia lacerata dallo stringere della morsa dei sentimenti! Ma non aveva forza. Avrebbe voluto essere un gabbiano per raggiungere librandosi nell'infinito e seguire suo padre ovunque. Purtroppo non era un gabbiano che nello svolazzare pazzo cercava e chiamava nel cuore della notte con una voce di pianto quel papà lontano. ''A chi dedicherò le mie carezze. A chi leggerò i versetti miei. A chi dedicherò me stessa poiché il profumo della tua presenza non è per me? Ed allora lascia che mi illuda di accarezzarti, di starti vicino, di abbracciarti. ed in tanta illusione spero trovare quella felicità che mi è stata privata! E voi, venti gelidi proveniente dal nord ruggite, ruggite forte per me, però non fategli del male e che il vostro eco risuoni così tanto come il rotolare delle ruote del treno per tutta la valle!'' Così continuò ad inoltrarsi nei sogni lasciandosi cullare dall' elastico letto su cui si era addormentata con tutti i vestiti. Non aveva avuto il tempo di andare in bagno ne di sincronizzare il da farsi. Più volte Veronica aveva bussato alla porta e più volte non aveva ricevuto risposta.'' Non sarà uscita senza che me ne sia accorta? '' aveva chiesto a se stessa. Aperto pian piano, sbirciò nella stanza. Quando riscontrò che era immersa nel sonno, richiuse lentamente evitando che si svegliasse con l’eventuale cigolio dei cardini.
Ustica 2. Dove sei papa Capitolo 4 L'approccio…in sogno
Nulla, proprio nulla! Qualunque fosse stato il motivo per un approccio, era risultato sempre vano. I giorni erano trascorsi nella visione di un sogno sempre più irreale. Tutto era scherno, un buffo scherno che lasciava palpitare un debole cuore segnato dalle sofferenze giovanili e dalle lotte interiori della sua ancora breve esistenza. Forse sbagliata ma costruita sulla ragione. Aveva creduto che le cose sarebbero cambiate, invece sembravano aver preso una piega ancora più tragica. Quelle lotte interiori non erano proprio finite, anche perché le era mancata la figura paterna come riferimento. Tutto era diventato un eterno tormento, un conflitto sempre più profondo e sempre più presente tra ragione e sentimento, tanto da divenire un incubo, una ossessione, una via verso la pazzia. Una pazzia scaturita dalla continua ricerca di un briciolo d' affetto parzialmente trovato ed infine per quel poco, pagato molto caro. Il percuotere dell'idea che un essere non va mai cacciato, né mai abbandonato a se stesso per il rispetto verso la vita, malgrado fosse un alto senso umanitario, stava per ricadere, anzi era ricaduta su di lei come un collare d'acciaio pronto a stringersi sempre più in un lento micidiale strozzare. Era come un riversarsi negativo della propria azione sul proprio pensiero rimanendo prigioniera del proprio credere. Un credere da altri mai voluto capire né mai riusciti a concepirne il significato. Il cielo era sereno, ma essendo reduce da uno dei soliti temporali, il colore non era di cristallo. Una forte ponentata sibilando aveva fatto schiumeggiare parecchio il mare oltrepassando l’alto Scoglio del Medico ed il suo fragore era giunto alle case saturo di salino. Un vento che a tratti aveva messo paura, aveva fatto vibrare i piani alti dei palazzi e con essi i vetri di quelle finestre che avevano frenato l'intenso freddo umido invernale. Quel giorno era apparso un tiepido sole, forse con l'intento di farsi perdonare il putiferio dei dì precedenti. Cinzia era li a guardare immobile l'ampio foglio del calendario. ''Oggi è il mio compleanno!'' aveva esclamato tristemente. Chiusi gli occhi, li sentì riempire di pianto. ''E' il mio compleanno!'' ripeté con angoscia consapevole che sarebbe trascorso come tutti i giorni senza un augurio, un complimento. Il destino della politica umana le aveva giocato un brutto tiro ed ella non era riuscita ancora a riprendersi. Cosciente della propria impotenza, aveva visto svanire tutti i progetti. Lei che aveva da sempre sofferto la solitudine, adesso era tornata beffardamente ad essere nuovamente sola ed al dolore adesso si era aggiunta la lotta per vivere. Quella lotta colma di responsabilità di cui non aveva mai sentito il peso, adesso le stava cadendo addosso massicciamente trovandola non pronta ad accoglierla. Il giorno del suo compleanno apparteneva a quelli in cui era stata maggiormente felice e fiera. Adesso, malgrado il sole avesse voluto regalarle la propria apparizione, era ugualmente buio e freddo. La rassegnazione, quel sentimento che legata al tempo placa ogni volontà, tardava a farsi accettare ed ella non lo poteva proprio. Quanto era accaduto nei suoi sentimenti era immenso e malgrado ciò continuava ad essere pienamente convinta che da un momento all'altro le sarebbe stato restituito quanto perso. Allungato lo sguardo al di là dei vetri, attese immobile sperando di veder tornare superando l'impossibile, suo padre, il suo sogno. Attonita guardò a lungo lasciando la mente immergersi in quei ricordi che avrebbe voluto tornassero realtà, senza la veste di illusioni, pronte ad essere rivissute. Silenziosamente la mano di Doris le si appoggiò sulla spalla. Voltatasi '' Mamma!'' esclamò. Entrambe avevano qualcosa in comune. Da quando suo papà era stato portato via da casa, avevano vissuto una magra vita di ricordi e di stenti. Una vita vista fuggire nel vuoto profondo dei lenti anni. Era mattino presto quando a suo padre lo squillo del campanello aveva dato la sveglia. Avrebbe voluto fosse solo un errore. Il campanello trillò ancora e con più insistenza. ''Chi è a quest'ora?'' si era chiesto preoccupato. Sbirciato allo spioncino ''Due carabinieri in borghese...cosa vogliono?'' aveva continuato a chiedersi bisbigliando. Un altro squillo lo costrinse ad aprire. ''Buon giorno, lei è Giasillo? Seguici!'' erano agenti della Ovra, la polizia segreta fascista, come fosse un loro vecchio conoscente mostrando il mandato. ''Cosa ho fatto?'' '' Seguici o siamo costretti a metterti i ferri.'' ''Così, senza biancheria? '' '' Così'' ripeterono.'' Se hai qualcuno da salutare sbrigati!'' '' A quest’ora non saluto nessuno, vivo da solo. Andiamo!'' Presolo sottobraccio amichevolmente in modo da non poter fare resistenza, lo condussero all’auto. ''Sali.'' ordinarono come fosse un criminale e con un rombo partirono. Quella tacita violenza simile ad uno sradicare, un estirpare, gli aveva inculcato una immensa angoscia. ‘’ Giasillo, Giasillo.'' chiamò Doris gridando corse loro dietro come volerli fermare, ma intuì che non sarebbe mai accaduto ne servito. ‘’ Qualcuno, e so chi è, si è volute liberare della sua presenza.’’ Mormorò stizzita. Grazie alla legge che annullava le idee politiche contrarie, lui aveva preferito non svegliarle. In quella ferita sanguinante intuì il suo non più ritorno. ''Addio moglie, addio Cinzia bimba mia, addio Scolopendra, addio barca, frutto dei miei risparmi. Quante privazioni, quante rinunce, indumenti logori, scarpe vecchie, auto disastrata, famiglia distrutta...ed adesso vi sto per perdervi, e non so perché.'' All'idea di far la stessa fine di sua madre, percepì un senso di repulsione. Non poteva lasciar sfuggire così i suoi giovani anni. La sua vita aveva diritto di essere vissuta. Se così non fosse, cosa starebbe a vivere? Certo non per far numero sulla terra. No, non poteva veder trascorrere i giorni nell'angoscia, nel tormento di una felicità da sempre inseguita. Però il ricordo di suo padre era forte, tanto forte da tenerla legata a se come fosse presente malgrado fosse un ricordo ben diverso da quella realtà in cui ella stesa si sentì smarrita. Così, scostando le bianche velate tende ricamate, giorno dopo giorno, rimase a guardare distrutta dall' apparente felicità altrui. In quell'impossibile nostalgia sperava che qualcuno scrutando si accorgesse di lei, magari uno dei tanti compagni di scuola a lei coetanei. A dir vero il giovane che la stava cercando, compagno non lo erano mai stato, anzi aveva frequentato scuola diversa, questo però non aveva impedito di notarla e desiderarla. Malgrado l'avesse persa di vista, l'aveva sempre cercata ed amata tacitamente. Era stata da sempre bella, alta più della sua stessa età e lei disinvolta si era lasciata ammirare. A farlo erano stati in tanti. Quei tanti che per carpire una sua parola, un suo sorriso avevano cercato di avvicinarla con mille pretesti. Ora già grandi, non si stavano interessando più a lei, e lei da dietro i vetri sembrava volerli chiamare.