Plautilla, l'imperatrice sacrificata di Ennio Fiocco
di Ennio Fiocco
Plautilla, l'imperatrice sacrificata.
Presso l'Altes Museum di Berlino - che è uno degli edifici più importanti del classicismo, e con una precisa struttura interna ispirata all'antichità greca - si ammira un bracciale in oro con medaglioni, di pregevolissima fattura, che raffigura l'imperatore romano Caracalla e sua moglie Plautilla.
Ma chi era la consorte dell'imperatore?
Publia Fulvia Plautilla Augusta era nata nel 182 d.C. e morì giovane a Lipari nel 212. Era la figlia del prefetto Gaio Fulvio Plausianus che divenne uno degli uomini più potenti di Roma, tanto che Caracalla arrivato al potere non lo vide mai di buon occhio.
Poi, nel 196, venne promosso da prefetto del pretorio. Plauziano aveva fatto molto per l'educazione della figlia, facendola studiare filosofia, greco, musica, poesia e pittura.
Il matrimonio, stabilito dai genitori dei giovani, era stato programmato per il mese di aprile del 203 e per evitare che Caracalla potesse sposare una fanciulla al disotto del suo rango, Plauziano ebbe un consolato. Il matrimonio che scaturì, fastoso e con rito romano e barbaro. In particolare, fu infelice perché non fu amata. Plautilla fece di tutto per superare ciò circondandosi di gente coltissima invitando al palazzo uomini di cultura e patrizi romani, sfoggiando sontuosi abiti e gioielli. Il motivo per il quale Plautilla venne attenzionata nella iconografica e nelle monete va ad identificarsi per il ruolo di futura madre della della dinastia dei Severi. Caracalla nel 205 fece uccidere il suocero, accusato dai pretoriani di congiura. In particolare, i suoi due figli, Gaius Fulvio Plautus Ortensiano e sua sorella Flavia Plautilla vennero esiliati proprio nell'isola di Lipari ed uccisi di stenti nell'anno 211 d.C., subito dopo l'ascesa al trono di Caracalla. Inoltre, l'imperatore applicò la dannazione della memoria, per cui i suoi ritratti vennero deturpati, tanto che ogni riferimento a Plautilla venne rimosso dall'Arco degli Argentari a Roma, da un panello cui era figurata col padre e dalla quarta riga dell'iscrizione. Alcuni dei suoi ritratti vennero rimossi.
L'esilio di Lipari può essere così riassunto: “Severo mandò la ragazza e suo fratello in Sicilia, fornendo loro sufficienti fondi per vivere comodamente lì” (Erodiano III, 13, 3). Dione, invece, specifica “Lipari, un'isola un po' a nord della Sicilia” (76, 6, 3).
La “Damnatio memoriae” che significa letteralmente “condanna della memoria” rientra in una pena che consiste nella cancellazione di qualsivoglia traccia relativa a una determinata persona e con essa ogni prova della sua esistenza. In sintesi in una “morte civile”, ovvero l'oblio come suprema punizione. Una forma estrema di punizione simbolica eliminando ogni traccia dell'esistenza di una persona ritenuta indegna o traditrice dello Stato. Non era sufficiente ucciderla, ma bisognava cancellarla. I Romani che erano un popolo pragmatico e profondamente attento alla posterità, credevano che la memoria fosse una forma di immortalità. L'essere ricordati significava continuare a vivere, mentre l'antitesi era la “damnatio memoriae” che negava al condannato perfino il diritto al ricordo anche nelle future generazioni.
La “damnatio memoriae”, come afferma Umberto Broccoli in un suo lavoro, comprova “la meschinità del carattere umano, incapace di contestare il potere quando si manifesta, ma pronto a scagliarsi contro i suoi simboli quando questo non c'è più” e il “condannato della memoria, al contrario, sopravvive con accresciuto rigore, perché ogni simbolo contro il quale ci si è accaniti fa sorgere la curiosità”.
Eppure le consorti degli imperatori romani sono state potenti, determinate e indiscusse.
Plautilla, invece, è la donna colta del contrario, ma che vive nella monetazione e nei marmi che la rappresentano, nei musei più importanti del mondo e, soprattutto, nel bracciale aureo custodito presso l'Altes Museum di Berlino con accanto Caracalla.