Elias Haffter nel Mediterraneo
di Ennio Fiocco
Elias Haffter nel Mediterraneo.
Elias Haffter (1851 + 1909) è stato un medico e scrittore di viaggi elvetico. Iniziò a studiare medicina presso l'Università di Zurigo nel 1870 che completò con successo, proseguendo gli studi post-laurea a Lipsia durante il semestre estivo del 1874 , dove condusse ricerche patologiche.In seguito Haffter dovette lasciare il servizio ospedaliero a causa di una grave infezione contratta durante un'autopsia, dalla quale non si riprese mai del tutto.
A causa di ricorrenti episodi della sua malattia renale cronica, trascorse molto tempo in centri di cura intraprendendo molteplici viaggi in oriente e San Francisco ed anche in treno, attraverso l'America fino a New York , prima di tornare in Europa in nave. Il medico-scrittore raccontò le sue esperienze di viaggio su alcune riviste e sul quotidiano Thurgauer Zeitung. Nell'estate del 1883 mi unii ad un suo amico, Nesfen, che stava emigrando in India, come compagno di viaggio per godere dei benefici di un lungo viaggio in mare.
Ho tradotto dal tedesco alcune sue parti della pubblicazione e la presento ai lettori.
L’autore nel suo scritto descrive le sue “impressioni di viaggio, abbozzate lungo il percorso...sotto forma di lettere alla "Thurgauer Zeitung" e avevano lo scopo di tenermi in contatto con i miei numerosi amici e conoscenti, lettori del suddetto giornale. Non si tratta di un libro che intendevo scrivere, ma piuttosto di una raccolta di fogli sparsi, non sempre direttamente collegati...successivamente pubblicati in forma di libro...”. Percorse anche il Mediterraneo, si fermò in diverse città da Genova a Napoli anche fino a Messina. Di Napoli così ci parla: “Da una chiatta carica di cantanti, chitarre, violini e mandolini, la "Santa Lucia" tremò e si fece strada verso di noi. Anche il "Trovatore" arrivò puntuale, e così si srotolò un lungo repertorio di canzoni popolari italiane e melodie operistiche, valzer di Strauss, ecc.
Quei tipi cenciosi, tra l'altro, suonarono meglio e meglio di molti che si trovano nella sala concerti in frac nero, e imparai di nuovo quanto sia popolare l'elemento musicale in Italia.... Nell'acqua disgustosamente sporca del mare, due napoletani nudi si esibivano nuotando e lottando, tuffandosi per raccogliere le monete cadute e riportandole indietro con grande sicurezza e in un batter d'occhio tra i denti....sul ponte era sorto un vero e proprio mercato italiano; venditori di ogni genere stendevano la loro merce sul pavimento, e persino il passeggero più cauto ci cascava, comprando qualcosa – tentato dai prezzi bassi...Gli ultimi a lasciare la nostra nave in partenza furono i musicisti, dalla cui barca il "Dolce Napoli" risuonò ancora una volta e davvero magnificamente, evocando molti soldi. Purtroppo, un velo spesso si stendeva sulla città e sul golfo quando lasciammo l'ultima, e Capri e le isole vicine erano visibili solo come sagome indistinte e nebbiose...”.
Ci descrive anche le Eolie ed in particolare precisando quanto segue.
“La sera abbiamo navigato vicino all'isola vulcanica di Stromboli; è una magnifica montagna che si erge direttamente dal livello del mare, a forma di piramide regolare; ai piedi del versante orientale verde oliva si trova un'accogliente cittadina omonima, mentre il versante settentrionale è brullo, reso desolato dalla lava che scorre. Il cratere, non ancora giunto alla sommità, fumava, e di tanto in tanto vedevamo anche pennacchi di fumo levarsi dalla colata lavica solidificata, segno che la massa ancora fusa in profondità era in grado di sfondare qua e là lo strato superficiale indurito”.
Elias Haffter prosegue nel suo racconto così: “ Alle 23:00 abbiamo avvistato il faro e le luci della città di Messina e di fronte, sulla terraferma italiana, le scintillanti case bianche di Reggio. Nel crepuscolo della notte, abbiamo attraversato lo stretto tra la Sicilia e la Calabria. La zona intorno a Catania era segnata per noi dal gigantesco, ma spesso terrificante, faro naturale, l'Etna, l'officina eternamente luminosa di un vulcano e dei suoi Ciclopi. La mattina del 13 ci sorprese in mare aperto; la Sicilia e l'Italia meridionale erano scomparse alla vista. I delfini che giocavano allegramente vicino alla nave e i singoli gabbiani che stridevano mentre seguivano la nostra rotta e si riposavano di tanto in tanto sulla superficie liscia del mare, offrivano un certo intrattenimento...
Da un pezzo di carne gettato in mare, i gabbiani piombarono giù da grande distanza alla velocità di una freccia; ma non cambiarono in alcun modo il loro volo quando lanciai pezzi di pane, bucce d'arancia e simili. Ignorarono anche il pane intinto nel sugo di carne...Il 14, Creta apparve in vista; navigammo per circa 12 ore lungo la costa meridionale di quest'isola montuosa, quasi disabitata nella sua parte meridionale e sotto il dominio turco. Le montagne si innalzano fino a 2800 metri e mostravano ancora profondi cumuli di neve in enormi gole, uno spettacolo familiare per noi svizzeri, che evocava immediatamente una serie di bei ricordi, sebbene un compagno di viaggio di Francoforte avesse ostinatamente scambiato la neve per "calce viva".