Da Ravenna in linea Massimo Restuccia. I ricordi del passato. Dalla Galera Mussoliniana

di Massimo Ristuccia

DALLA GALERA MUSSOLINIANA
Un giornalista inglese (era americano in realtà) visita le isole maledette
da la libertà giornale della concentrazione antifascista. Parigi 18 febbraio 1928.
Vincent Sheean, reporter americano, reporter inglese che vide troncate dalla censura dalle potenze europee e dalle autorità cinesi le sue corrispondenze dall’Oriente giallo, ultimamente ha visitato l’Italia e le isole maledette nelle quali Mussolini ha rinchiuso i suoi oppositori, e manda al suo giornale degli articoli che tutta la stampa borghese associata alla North American Newspaper Alliance, compresa l'Etoile Belge, di Bruxelles, dal quale traduciamo, in questi giorni riporta. Da queste corrispondenze,  pur attraverso comprensibili e chiare inesattezze, il pubblico, anche il più indifferente al fascismo, sta apprendendo quale regime di onta e di ignominia sia il regime fascista.
E diamo la parola al giornalista.

Una visita all’Isola di Lipari

II mondo è un altro pianeta per gli esiliati di Mussolini sparsi nelle 70 isole vulcaniche del Mediterraneo, al largo della costa siciliana. E’ là che l'Italia ha imprigionati i suoi più importanti detenuti politici. 
La cattività di questi esiliati è regolata con una severità feroce dalle camicie nere e i prigionieri non hanno comunicazione con l'esterno che a mezzo di rare missive.

I visitatori non possono sbarcare.
I fogli mussoliniani dicono che il numero dei confinali si eleva a seicento, tutti i gruppi segreti della opposizione dicono, ed è il solo punto sul quale essi concordano,  che il numero reale è di almeno 2.300.
I confinali appartengono a tutte le classi sociali, dal più umile lavoratore al più ricco industriale e dall'anarchico al nazionalista, compresi i preti. Essi subiscono il « confino politico» per un periodo che varia da tre a dodici anni.
Le isole sono sprovviste di acqua e frequentemente di qualsiasi vegetazione. Una popolazione scarsa le abita, vivendo della pesca e nei punti più favoriti, della coltura dell'olivo e della vigna. Questa popolazione è in questo momento tenuta in perpetuo sospetto.
Ci si può fare un'idea di questa «polvere di Siberia » dal racconto seguente.

Avevo voluto visitare due esiliati politici miei amici : Morea e Mario Magri.
Morea, repubblicano, era membro del parlamento italiano ; Magri fu il capo di stato maggiore di Gabriele D’Annunzio durante le giornate di Fiume. Tutti e due hanno fatto la guerra e sono decorati.
Due anni fa Morrà mi salvò la vita al Marocco traendomi fuori da un’imboscata quando un accesso di malaria mi aveva tolta la forza di camminare. Recentemente mi scrisse di essere esiliato a Lipari e che poteva andarlo a trovare. Mi sono dunque messo in viaggio. A Roma mi apparve chiaramente che non avrei mai ottenuto l'autorizzazione ufficiale ili andare a Lipari, e allora risolsi di farne senza. A Napoli e a Messina i miei sforzi arrivarono a constatare che i vapori settimanali e bisettimanali che vanno alle isole non ammettono alcuno straniero a bordo senza l’autorizzazione di Mussolini. I pescatori e padroni di barca della regione cambiavano di colore alla sola idea di prendermi con essi. Ma a Milazzo, piccolo porto sulla costa settentrionale della Sicilia, c’è un battello
che fa il servizio postale compiendo la traversata tutti i giorni. Dopo una discussione, soprattutto finanziaria, potei imbarcami per Lipari.
Ma gli indigeni delle isole sono rigorosamente perquisiti quando sono ammessi a bordo, la mia sola fortuna sarebbe stata di passare prima del gruppo. Feci un inutile sforzo per riuscirvi, disgraziatamente la polizia mandò una barca incontro al battello, mi prese e passai il resto della gior
nata fra due carabinieri.
Rimasi a Lipari ore, poi fui condotto a Salina per tornare ancora a Lipari.
Il commissario di polizia avvertì Morea e Magri che avevo tentato di andarli a visitare e permise loro di mandarmi un biglietto che fu sottoposto a censura. Questo biglietto, di apparenza indifferente, lasciava trasparire un accento di disperazione che avrebbe fatto onore a un russo.
Ero a tre metri dallo sbarcadero e potevo vedere tutto ciò che si trovava nella più prossima viuzza della piccola isola, ma Morea e Magri non furono autorizzati a•farsi vedere. Al tramonto, mentre il battello si apprestava a partire, un giovane isolano venne furbescamente a mettersi non lontano da me. I miei carabinieri non facevano, in quel momento, attenzione alcuna alla mia persona, l’isolano coraggioso si sporse sopra il parapetto. E avendo l'aria di guardare il mare azzurro e il cielo morente mi lanciò queste parole : « Morea e Magri sono dispiacenti di quanto accade.  Non vi si lascerà sbarcare in nessun luogo. Vi ringraziano molto e vi salutano. Vi consigliano di abbandonare al più presto questa parte della Sicilia. Più presto che potete. Non rispondetemi ».
Seguii alla lettera il suo consiglio.

Come sono divisi i confinati

La più importante delle isole della «Siberia fascista » è l’isola di Lipari, nella quale sono detenuti quattrocento politici e giornalisti. Un centinaio di prigionieri di queste categorie sono sparsi nelle isole Filicudi, Alicudi e Salina. Il resto occupa le isole Marittima, Levanto e Favignana all'ovest della Sicilia, Lampedusa, Linosa e Pantelleria al sud, Sant'Antioco e San
Pietro al sud ovest della Sardegna, Ustica al nord di Palermo, e infine Santo Stefano, Ventotene, Ponza e Calmarola nel golfo di Gaeta.
Di più, è stata formata nella provincia di Nuoro in Sardegna, una nuova colonia di prigionieri venuti dalla regione Triestina e da Trieste. Quelli di Trieste sono dei nazionalisti slavi che fanno delle obbiezioni alla «rigida nazionalizzazione» del programma fascista. Lipari è occupata dalla aristocrazia dei prigionieri, quelli che in ragione della loro popolarità e della loro influenza, devono essere trattati con particolari riguardi.
Si dice che molti dei prigionieri di Lipari sono vittime di «vendette personali ».Morea. per esempio, è considerato esiliato a causa della inimicizia del potente generale Balbo, ex comandante in capo delle
camicie nere. Morea obbligò Balbo a dimettersi nel 1924, durante l’affare Matteotti, che sollevò tanta passione. Egli aveva pubblicato delle lettere autentiche di Balbo ai suoi dipendenti raccomandando loro l’uso della violenza.

A Ustica sono confinati i più pericolosi

Comunisti, gli anarchici e i socialisti estremisti. Fra essi si trova Bordiga. capo del partito comunista, come pure Cilla e Leonetti, noti scrittori comunisti.
L’isola di Ustica non raccoglie soltanto i prigionieri più pericolosi, ma essa è sottoposta al più severo dei regimi. A Ustica le camicie nere regnano sovrane e la polizia è inoperante, e benché le camicie nere ma da quando sono costituite in « milizia » si siano assoggettate di più alla disciplina esse sono ancora bollenti e sprezzanti della legge, come ne testimonia l’esecuzione sommaria di Spartaco Stagnetti che rifiutava di fare il saluto fascista.
II generale Bencivenga, deputalo e uno degli eroi della guerra, è stato inviato ad Ustica tre mesi or sono per opposizione a Mussolini. Un'altra personalità italiana, il deputalo socialista Todeschini. aveva accusato il ministro delle finanze Volpi di certe operazioni tenebrose circa alcuni lavori pubblici a Venezia, lo stesso.
L’arcipelago ha pure l’onore di ricevere i fascisti che sono incorsi “nella collera del Duce. Fra essi, il gruppo De Vecchi di Torino, che terrorizzò il Piemonte quattro anni fa. Essi erano gli amici e i luogotenenti del conio De Vecchi, attualmente governatore della Somalia, quando questo dignitario era il dittatore del Piemonte. La violenza di questa Cricca prese tali proporzioni che Mussolini risolse di spezzarla ; mandò il capo in Africa ed esilio i peggiori gregari. Alcuni dei membri della banda De Vecchi commisero, come essi si vantano, quattro o cinque « delitti patriottici». (A simiglianza del famoso Domini, che dichiarò di aver assassinato nove uomini « per il sua paese »).
Un’altra celebrità fascista che «piglia
il fresco» nell’arcipelago pelasgico è Ugo Clerici, ex direttore del servizio privato di informazioni di Mussolini. Fu mandato in esilio lo scorso autunno per aver tentato di vendere certi documenti compromettenti ad una potenza straniera.
Nelle isole, di Santo Stefano, Ventotene, Ponza o Carnarola, sono detenute persone accusate di essersi date agli stupefacenti o di aver commesso dei «delitti sociali». Questi ultimi non figurano sulla lista dei detenuti politici, ma siccome sono tutti più o meno antifascisti, si può contarli come tali.
Infine a Maritiima, Levante e Favigna sono detenuti una cinquantina di ricchi proprietari i cui delitti non sono chiaramente definiti, fra essi il multimilionario commendator Grandi di Torino al quale è stata confiscata una parte della fortuna.

La “Siberia” soleggiata degli esiliati politici italiani

La vita condotta dagli esiliali politici nelle settanta isole « Siberie » italiane
è più facile di quella dei prigionieri russi nella vera Siberia. Ciò significa che gli esiliati italiani non sono sottoposti ai lavori forzati o non vivono nelle celle e nelle fortezze. E di più possono godere abbondantemente del sole della Sicilia.
D'estate vanno a fare il bagno nel mare, o fintanto che osservano i regolamenti possono passeggiare liberamente nella zona loro assegnata. Le isole sono tutte piccolissime. di origine vulcanica e quasi sprovviste di vegetazione. L’acqua potabile e i legumi devono esser portati dal continente e dalla Sicilia.
Non esiste alcun ospedale nè alcuna installazione sanitaria.
Sulle tre colline rocciose di Lipari, la più grande isola dell’arcipelago, sono disseminate. una dozzina di baracche lunghe e bianche : sono le abitazioni degli esiliati. A seconda delle dimensione della baracca essi vi vivono in cinque o in quindici. Non hanno domestici e si servono
da soli, ma quelli che posseggono del proprio, sono autorizzati a farsi lavare la biancheria dagli abitanti. 
Il governo assegna ad ogni prigioniero dieci franchi al giorno per tutte le spese.
Chi possiede qualche cosa può ottenere l’autorizzazione di spendere quindici lire supplementari. Nessuno può spendere più di venticinque lire al giorno in tutto.
Poco tempo dopo la formazione delle colonie di confino si accorsero che i carabinieri avevano tendenza ad annodare relazioni amichevoli con gli esiliati. Allora essi vennero sostituiti dalle camicie nere. Questo, reclutate specialmente nella classe popolare delle grandi città, costituiscono una delle principali caratteristiche della organizzazione fascista. Furono esse a somministrare l’olio di ricino, a bruciare le case a distruggere le tipografie, ad impedire il voto agli elettori e ad eseguire tutti gli ordini ritenuti necessari compresovi l’omicidio. Però nel 1924, dopo lo scandalo dell’assassinio del deputato socialista Matteotti, Mussolini si accorse che le camicie nero diventavano un problema di vaste proporzioni. Alcuni battaglioni della milizia furono mandati in Africa per combattere i ribelli. Altri furono incorporati nell’esercito. Lo zelo di queste reclute fu considerevolmente indebolito da queste misure che cambiarono
radicalmente la natura militare delle camicie nero tanto è vero che non se ne vedono più molte per le vie d'Italia.
Ve ne restano sufficientemente però, per impedire qualsiasi gusto all’esilio nelle isole rocciose. Essi sono incaricati di far rispettare i regolamenti, d’impedire ogni comunicazione cogli abitanti al di fuori di quelle necessarie per gli acquisti, e di vigilare affinchè non si produca alcun movimento politico. Quanto all’evasione non c’è neanche da pensarci.
Inutile dire che gli incidenti  saranno inevitabilmente numerosi, fin tanto che le camicie nere saranno incaricate della sorveglianza dei prigionieri : la morte di Stagnetti ne è una prova. Gli esiliati che vogliono conservare un atteggiamento di docilità però non sono maltrattati. Essi non possono scrivere che due lettere al mese e devono farla passare dalla censura, non possono leggere che libri e giornali fascisti, sono privati delle loro libertà o delle loro famiglie, stroncati nella loro carriera.

Ne parlò anche The Charlotte Observer · 29 gennaio 1928 e The Plain Dealer · 29 gennaio 1928. THE LOS ANGELES TIMES 29.01.1928.

Da  Stampa coatta Giornalismo e pratiche di scrittura in regime di detenzione, confino e internamento a cura di ANTHONY SANTILLI ENRICO SERVENTI LONGHI.
…..Mentre il regime tenta di contrastare la fuga di notizie dalle isole, il 29 gennaio 1928 sul The Baltimore Sun esce un nuovo articolo scritto dal giornalista Vincent Sheean. Malgrado fosse proibito raggiungere le isole di confino senza permesso, Sheean riesce a imbarcarsi a Milazzo e a raggiungere Lipari. Appena arrivato sulla banchina del porto viene scoperto e tenuto sotto controllo da due carabinieri che lo seguono durante le tre ore di permanenza nell’isola.
Nonostante non riesca a incontrare i due confinati politici Alfredo Morea e Mario Magri, vero motivo del suo viaggio clandestino, scrive un interessante resoconto. Anche in questo caso l’articolo, dal titolo Gli esiliati politici di Mussolini guardati a vista dalle Camice Nere vivono in aride isole vulcaniche, è un chiaro atto di denuncia seppure descrive «la vita degli esiliati politici» come «più facile di quella dei prigionieri nella Siberia russa». Su ciò che viene concesso agli esiliati, Sheean ricorda che solo chi ha «conservato un’attitudine ritenuta corretta dalle autorità», può scrivere e ricevere due lettere ogni mese, sempre se riesce a superare lo scoglio della censura. Aggiunge che, seppure «privati della libertà e della famiglia», gli esiliati hanno la possibilità di leggere le pubblicazioni fasciste.

 

Categoria
cultura

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