Giornata mondiale contro la violenza sulle donne di Tilde Pajno
di Tilde Pajno
Era il 1975 quando Franca Rame, per la prima volta, portò in teatro il suo monologo “Lo stupro”. Erano passati due anni dal giorno in cui lei stessa era stata rapita, torturata e violentata da un gruppo di militanti di estrema destra che in questo modo intendevano “punire” il suo impegno civile e la sua militanza politica, a fianco del compagno Dario Fo.
Il dolore, la vergogna, l’umiliazione a lungo taciute, trovano finalmente la strada per essere dette e rappresentate: il teatro diventa così luogo di catarsi, di riscatto, di liberazione.
Alla maggior parte delle donne, però, è stata negata la salvezza delle parole “per dirlo”: penso alle tante costrette al silenzio dalla vergogna, dalla paura, dalla solitudine, ma anche alle innumerevoli vittime di stupri di guerra, laido strumento di sopraffazione e di umiliazione.
Penso alle donne del Sudan, bellissime e fiere, che fuggono da un paese devastato e subiscono, oltre alla perdita delle loro case, dei loro figli, dei loro compagni, anche la violazione sistematica dei loro corpi. Penso a quelle donne che attraversano il deserto a piedi, senza viveri e con miserevoli riserve d’acqua, per essere rinchiuse nei “lager” libici, dove vengono sistematicamente violentate e degradate.
E penso alle donne che – in ogni scenario di guerra – sopportano, oltre al proprio dolore, quello dei figli.
Il 25 novembre, Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne – non deve diventare una sterile celebrazione come tante altre, ma dev’essere un’occasione di confronto e di riflessione che coinvolga soprattutto i più giovani, a cui affidiamo una visione del mondo più gentile, più umana e a cui famiglia, scuola, agenzie sociali, hanno il compito di trasmettere strumenti di crescita e di conoscenza per farne uomini migliori.