Da Messina in linea Carlo D'Arrigo 'Ragazzine col tirapugni in tasca'

di Carlo D'Arrigo*

Ragazzine col tirapugni in tasca
                                                                                         
Ragazze col tirapugni in tasca, questa è follia. Andiamo oltre la poca educazione, oltre la famiglia emarginata, questa è delinquenza comune. Cioè gente che commette crimini che tutti possono commettere senza specifiche competenze e, anche, senza appartenere a un branco. Furti, rapine o aggressioni per loro è la stessa cosa, purchè tutto sia fuori legge. Accade a Milano, in specie nell’area dei navigli, dove una banda di ragazzine tutte italiane fra i 14 e i 17 anni, si riunisce per aggredire loro coetanei e rapinare gli auricolari del cellulare, per poi aggredire con calci e pugni i Poliziotti intervenuti. Oggetti di pochi euro gli auricolari, ma è il gesto simbolico di predominio, di forza, di superiorità come suggerisce l’uomo Vetruviano simbolo di superiorità assoluta e scelto per le Monete da 1 euro italiane per rappresentare l'uomo come misura di tutte le cose. Quanto accaduto a Milano può accadere a Roma, a Firenze o a Catania. Ancora è l’assenza della famiglia artefice involontaria, ma non tanto, di questo disastro. Ma manca la mancanza di autodeterminazione della ragazzina che, in mancanza dell’indirizzo della giusta crescita, si abbandona alle attività più futili e inutili. Alle letture e alla visione di programmi televisivi spazzatura, al voler mostrare la propria forza violenta e inutile ma che riempie il vuoto della sua pochezza. Si potrebbe richiamare ancora una volta l’incapacità della scuola che non riesce a interessare l’adolescente e a non renderla curiosa di sapere e imparare. L’opera educatrice della scuola, più volte richiamata in casi similari, non può che essere complementare ai lunghi periodi passati a casa, dove la famiglia deve fornire orientamento civico e sociale. Posso ancora ripetere “Famiglia dove sei?”, come ho scritto in un precedente pezzo. C’è da chiedersi, abbiamo perso? La Società ha perso? Forse no, siamo in tempo, ma partiamo da subito, oggi, a parlare, seguire, assistere i nostri figli. 
       *già docente Univ. di Messina
 

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